mercoledì 1 ottobre 2014

L'anello della Badia di Moscheta e della Val d'Inferno

La val d'Inferno
Uno dei posti più remoti e affascinanti dell'Alto Mugello è quel lembo di foreste, torrenti e montagne che si raggiunge seguendo la strada che dalla Statale Montanara Imolese porta alle poche case di Casetta di Tiara, su nell'alta valle del Rovigo, uno degli affluenti del Santerno

Intorno alla statale le cime dei poggi portano i segni delle cave di pietra serena ancora oggi sfruttate: ma la stretta strada si distacca da questi residui di industria seguendo tortuosamente il corso del Rovigo fino ad raggiungere la salita che porta a Casetta di Tiara. Qui ci si ferma e si parcheggia, trovando a breve distanza dal punto dove si lascia l'automobile un vecchio mulino, tutt'ora abitato e con accanto una copiosa sorgente di acqua limpida che sgorga senza sosta.

Sotto al mulino uno stradello sterrato scende a un ponte "quasi" pedonale che attraversa il corso del torrente Rovigo. Oltre il ponte un bivio porta da un lato alle cascate del Rovigo e dall'altro risale verso la val d'Inferno, dove scorre il torrente Veccione, che si getta nel Rovigo poco più a valle.
Scendendo dal Monte Acuto (1058 m.)
Pur non essendo troppo distante dalla piana pratese e fiorentina - un'ora e mezza di automobile, all'incirca - ci troviamo in un altro mondo, quasi del tutto privo di case e di abitanti. 

Ciò nonostante, non possiamo definirlo un deserto o una terra selvaggia. Qui gli uomini hanno stabilito una presenza millenaria che ha modellato il territorio in molti suoi aspetti, sfruttando i corsi d'acqua e sostituendo le foreste primordiali con grandi castagneti e oscure abetaie, intervallate dai pochi campi coltivati posti intorno alle rare abitazioni. Lungo i torrenti, i mulini testimoniano ancora lo sforzo fatto per addomesticare un ambiente ostile.

E' una verde vastità fatta di boschi silenziosi, aerei crinali e profondi valloni, in cui gli antichi coltivi sono stati dapprima circondati poi invasi e sopraffatti dal prorompente risorgere delle faggete che hanno silenziosamente occupato gli spazi lasciati liberi dal progressivo ritrarsi delle attività umane.
Uno dei Patriarchi, grandi castagni secolari
Questo rinnovato dominio della natura diventa ancora più evidente a mano a mano che seguiamo lo stretto sentiero che seguendo un antico tratturo si alza ripidamente sul solco vallivo del torrente Rovigo, attraversando grandiosi castagneti punteggiati dai ruderi delle cannicciaie, gli essiccatoi dove le castagne venivano messe ad asciugare per poi essere macinate nei mulini. Dove lo sguardo riesce a oltrepassare i rami degli alberi non si vedono che verdi pendici silenziose, a perdita d'occhio.

L'acero centenario e le case del Giogarello
Un paesaggio che diventa ancora più ampio quando si emerge dalla salita presso le case del Giogarello, sul crinale che porta ai poco più di mille metri della vetta del Monte Acuto. Si spazia, l'occhio vaga a trecentosessanta gradi: è un'emozione che ogni volta si rinnova.

Per dirla con le parole di un grande poeta, Rainer Maria Rilke
"E' come se in questa immagine infinitamente silente fosse racchiuso tutto ciò che è umano e anche tutto il resto, tutto ciò che si distende prima e oltre l'uomo, nel misterioso intreccio dei monti, gli alberi, i cieli e le acque. Questo paesaggio non è l'immagine di un'impressione, non è l'espressione del pensiero dell'uomo sulle cose che riposano davanti a lui: è natura che nacque, mondo che divenne, estraneo per l'uomo come il bosco inviolato, come un'isola inesplorata".
Fioritura di anemoni in val d'Inferno
In questo ambiente si discende fino a raggiungere il punto più lontano di questo percorso, la sella che divide il bacino del Veccione dalla valle del Rovigo e che ospita la semplice costruzione in pietra del rifugio alpino della Serra.

Il rifugio alpino della Serra
Da qui si segue il corso di un torrente fino a raggiungere la Badia di Moscheta, un insieme di costruzioni nate sui resti di un antico insediamento benedettino, costituite da un agriturismo, da un piccolo museo del territorio, dalla chiesa dell'antico monastero e da un ristorante (il cui sito potete trovare qui) abbastanza conosciuto. La sosta è quasi obbligatoria; intorno alle case si trova una vasta abetaia originata dalle piantagioni dei frati, che hanno risieduto qui dall'anno Mille alla soppressione del convento, avvenuta per decreto granducale alla metà del XVIII secolo.

Badia di Moscheta
Dalla Badia si segue per un breve tratto lungo la strada asfaltata fino a ritrovare il sentiero che sale a fianco di un mulino lungo la bassa valle del Veccione, la val d'Inferno che dà il nome a questo itinerario. In questo tratto ha un aspetto orrido, con grandi lastronate di roccia stratificata che incombono sul corso d'acqua che in più punti forma profonde pozze; e con un andamento a saliscendi ma senza le salite che hanno contraddistinto l'andata, si rientra infine al ponte sul Rovigo e all'automobile.

Il tracciato dell'escursione proiettato su carta IGM al 25.000
In tutto si percorrono circa 13 km con 750 metri di dislivello. Chi volesse scaricare il tracciato GPS in formato GPX può cliccare qui.

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